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    Enciclopedia del Mistero e dell'Impossibile



GIALLI DELLA STORIA

............................                                 GIALLI DELLA STORIA

 

Quel neonato, insidiato dal fuoco, sarebbe poi diventato il primo Re dell'Italia unita, con il nome di Vittorio Emanuele II.

La favola è a lieto fine, ma la realtà forse è un po' diversa


Il fatto si svolse a Firenze, in un palazzo del Granduca di Toscana Ferdinando III di Lorena, nonno materno di Vittorio Emanuele. Secondo qualcuno il bambino in realtà morì in quel rogo notturno e fu sostituito con un coetaneo, figlio di un macellaio, che teneva banco di fronte alla residenza granducale. Il commerciante si chiamava Tanaca e in quel 1821 diventò improvvisamente ricco, rinnovando e allargando la bottega.

Questa strana adozione per uno scherzo del destino avrebbe escluso dal più grande onore dei Savoia (il trono del Regno d'Italia) il vero principe reale Ferdinando di Genova, secondogenito di Carlo Alberto e Maria Teresa di Lorena nato due anni dopo Vittorio Emanuele.

Ma la storia della sostituzione era vera?

Fu interpretata al pari di un pettegolezzo ma diventò più credibile grazie ad un memoriale di Francesco Crispi, statista molto vicino a Casa di Savoia, che avvalorava la diceria.


Ma quali sono i retroscena politici della presunta sostituzione?

Vittorio Emanuele era nato nel 1820. Suo padre, Carlo Alberto di Savoia Carignano, era in quel momento destinato alla successione del Re di Sardegna Carlo Felice, suo lontano parente, che non aveva discendenza maschile. Tanto il Re, quanto le potenze estere sospettavano Carlo Alberto per le sue (vere o presunte) simpatie liberali mettendo in discussione il passaggio dello scettro alla linea dei Carignano. Dopo l'incendio di Firenze, la mancanza di eredi maschi avrebbe ridotto ulteriormente le prospettive di Carlo Alberto.



Vittorio Emanuele
e 'la bella Rosina'


A sostegno della tesi della sostituzione del neonato ci sono anche valutazioni empiriche, per quello che possono valere, che riguardano Carlo Alberto e Vittorio Emanuele: la grande differenza di statura (fisica e morale) tra i due che si considerano padre e figlio. Carlo Alberto era alto e sensibile alla cultura; Vittorio Emanuele, basso, ignorante, dai gusti semplici e grossolani e dai modi camerateschi. Oltre la retorica del Risorgimento e al di là del mito del Re Galantuomo, c'è la verità delle amanti da lui scelte nel popolo (la più celebre è 'la bella Rosina', che il sovrano sposò morganaticamente dopo una lunga relazione) nonché di cacce e bagordi senza stile.

Una conferma dei sospetti potrebbe venire anche dal fatto che Vittorio Emanuele sposò (in prime nozze) Maria Adelaide d'Asburgo Lorena, morta poi poco più che trentenne, la quale era figlia della sorella di Carlo Alberto e ufficialmente sua cugina. Allo stesso modo, pure il figlio di Vittorio Emanuele, il futuro Re Umberto I, sposò una cugina: Margherita, figlia di quel Ferdinando duca di Genova, secondogenito di Carlo Alberto che forse aveva maggior titolo per essere Re.

Quest'ultimo matrimonio, a quanto pare, fu propiziato e voluto dal capo del governo dell'epoca, l'Onorevole Menabrea per non si sa quali 'ragioni politiche'.

In questo modo, in maniera indiretta, tornò sul trono la stirpe dei Savoia




Altri Casi di Casa Savoia



Dopo la morte di Vittorio Emanuele diventò Re d'Italia il figlio Umberto, un uomo non meno rozzo e non meno incolto del padre che a queste virtù di famiglia aggiungeva una particolare ottusità politica poi ereditata dal figlio, il futuro Re Vittorio Emanuele III.

Conservatore retrogrado e retrivo quanto la moglie Margherita (che però aveva almeno qualche presunzione di eleganza e di cultura) Umberto diventò famoso a fine secolo per aver conferito un'onorificenza al Generale Bava Beccaris. Per quali meriti eccezionali? Perché aveva ordinato ai suoi soldati di sparare sulla folla con il risultato di 83 persone uccise. Era accaduto nel maggio 1898 a Milano, dove la gente manifestava per l'aumento del prezzo del pane. A giugno il Generale fu nominato Senatore del Regno.

Inumanità e arroganza si mostravano attributi sovrani mettendo Umberto I, più di quanto già non fosse, nel mirino di rivoluzionari e internazionalisti. Nell'anno 1900 Re Umberto fu ucciso a Monza dall'anarchico Gaetano Bresci, un operaio tessile toscano di una certa cultura emigrato negli Stati Uniti che tornò dal New Jersey con lo scopo preciso di ammazzare il sovrano.
Gli sparò tre colpi di rivoltella durante un'uscita pubblica di Umberto e Margherita e subito fu arrestato e condannato all'ergastolo.
Meno di un anno dopo fu trovato morto a seguito di un 'suicidio' molto strano nella cella costruita appositamente per lui nel carcere di mare di Santo Stefano (zona Ventotene) dove non aveva mai dato segni di squilibrio o di depressione sebbene fosse costantemente legato ad una catena.

Ma prima dell'azione di Bresci Re Umberto aveva già subito due attentati da cui era uscito indenne con un po' di fortuna.

Nel 1978, a breve distanza dalla salita al trono, un tale Passannante, armato di coltello aveva tentato il regicidio riuscendo solo a ferire di striscio il monarca.

Ci riprovò nel 1897 un altro anarchico, Pietro Acciarito, il quale andò a vuoto con il suo pugnale e fu subito arrestato.

I due attentatori se la passarono male tra carcere duro, manicomi criminali, segregazioni e divieti di tutti i tipi.

Ma peggio trascorse gli anni di pena Giovanni Passannante, che in quanto meridionale fu considerato intellettualmente inferiore e criminale nato. Sembrerà strano, ma la sua condanna durò anche oltre la morte con il taglio della testa e altro.

In vita, in galera, era stato trattato peggio di un animale, complice il Re che in questo caso ebbe veramente un comportamento da macellaio

 







 

 














 
 

 






Vittorio Emanuele II

Vittorio Emanuele II

in una foto
storica
del 1861